Sarno, 26 anni dopo ll'alluvione: «Ho visto un sacco blu portato via a spalla ho capito: era mio figlio»

Il racconto dei sopravvissuti della tragedia di Sarno: ho perso unidici familiari e di loro non ho neanche una foto

L'alluvione di Sarno
L'alluvione di Sarno
di Rossella Liguori
Domenica 5 Maggio 2024, 06:10 - Ultimo agg. 17:15
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«Non lo ricordo, ero troppo piccolo. Ma quel 5 maggio fa parte della mia vita. Potevo essere tra i bimbi seppelliti dal fango». Antonio ha 28 anni, avrebbe compiuto 2 anni il 12 maggio 1998. Abitava ad Episcopio, la frazione più colpita dalle colate rapide di fango del 5 maggio. Sono passati 26 anni, ed ancora oggi le storie dei sopravvissuti si incrociano e si sfiorano tra le strade ed i cortili delle zone che furono devastate, in una notte infinita che tracciò, netta, la linea tra la vita e la morte.

«Abitavamo praticamente ai piedi della montagna - dice - I miei genitori ed i miei nonni ricevettero una telefonata che li allertò. In pochi minuti ci infilammo in auto ed andammo da una zia che vive ad Angri. I nostri vicini furono tra le vittime.

Io ero piccolissimo. Tutto quello che so, me lo hanno raccontato. Non ho ricordi di quei momenti, ma ho capito subito che la nostra vita fosse stata risparmiata. Non so se dire caso, fortuna, miracolo. Ma potevamo essere nell’elenco delle vittime. Ogni volta che vedo le foto ed i volti dei bambini scomparsi quella notte, penso a me da piccolo. Potevo esserci anche io con la mia famiglia».

I nomi delle vittime sono incisi uno dietro l’altro sulla lapide in marmo ai piedi del Monumento alla Memoria. Sono 137 e sono storie finite sotto il fango. C’è Gaetano, avrebbe compiuto 20 anni a Luglio, ed il suo papà, Aurelio. «Ho visto un sacco celeste portato via in spalla. Hanno provato ad allontanarmi, ma io ho capito subito tutto. Dentro c’era mio figlio. Lo cercavano da giorni». Teresa racconta l’addio è suo figlio e suo marito, in quel lembo di terra di via Pedagnali, dove alle case, una accostata all’altra, quella notte si sostituì una coltre di melma. Tutto travolto: vite e case. Una frana dopo l’altra, dalle 16 fino a mezzanotte, e seppellito un quartiere dietro l’altro. Neppure il cimitero cittadino fu risparmiato. Resti umani disseminati tra il fango e le lastre in marmo. Famiglie completamente distrutte. Simone Caiazza quella notte vide infrangersi tutta la sua vita contro al furia della montagna. Sono 11 i familiari uccisi dal fango, tra cui la moglie Raffaella, e le due figlie, Colomba di 18 anni e Maria Rosaria di 14. Di loro non sono rimaste neppure delle foto. Una sola immagine recuperata da alcuni parenti.

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«Si va avanti solo con la forza della fede ed il valore dei ricordi e della memoria. Da 26 anni apro la porta di casa e non c’è nessuno ad aspettarmi. Penso a quando trovavo mia moglie e le mie figlie. È il dolore infinito di una ferita che sanguina ogni giorno. Ma tutti dobbiamo trovare sempre il coraggio di raccontare, anche se fa tanto male? Lo dobbiamo ai nostri familiari. Io ricordo ogni istante di quella notte e dei giorni successivi quando non vedevo arrivare le mie figlie e mia moglie al campo dei sopravvissuti. Si continuava a scavare, ma nel mio cuore io sentivo già un vuoto. Di loro ho una foto che mi hanno regalato. La tengo sul comodino e la bacio ogni sera. È come se fossero con me».

Anche Paolo Carillo ha una solo foto in cui ci sono il papà Ciro, la mamma Antonietta, la sorella Giuseppina e la nonna. «Già il 6 maggio abbiamo iniziato a scavare con le mani, poi sono arrivati i mezzi meccanici ad aiutarci. Quando è stato ritrovato il corpo di mia nonna, mi è crollato il mondo, ho capito fossero tutti lì. Dopo pochi minuti sono state prese mia mamma e mia sorella, erano abbracciate. Un volontario mi ha dato un orecchino e la fede di mia mamma per farmela riconoscere. Lungo il viale era una continua processione di bare. Col buio le ricerche si sono fermate, io sono corso a prendere l’auto, l’ho parcheggiata accanto alle macerie di casa ed ho dormito lì. La mattina seguente abbiamo ritrovato mio padre. I funerali di Stato sono stati funerali di guerra».

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