Gli scenari dell’America con il fiato sospeso

di Stefano De Falco
Venerdì 8 Marzo 2024, 00:00 - Ultimo agg. 07:06
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Partiamo da un modello che usano spesso gli analisti di scenario, ovvero il modello delle fette di formaggio coi buchi. Può accadere che per una serie di eventi, casuali e causali, alcune fette di formaggio rappresentative delle barriere che si oppongono alla realizzazione di una certa dinamica, si allineino in modo tale che i loro buchi coincidano, dando così adito a un via libera di perforazione di tutti gli strati oppositivi. E’ esattamente quello che sta accadendo per Trump.

Nel percorso che (forse) porterà l’ex presidente alle elezioni presidenziali del prossimo novembre, già due prime “fette di formaggio” sono state sbaragliate. La prima è costituita dalla vittoria del ricorso di Trump contro la decisione della Corte suprema statale del Colorado di bandirlo per il suo ruolo nell’assalto a Capitol Hill, in base alla sezione 3 del 14esimo emendamento, che vieta le cariche pubbliche ai funzionari coinvolti in insurrezioni contro la Costituzione. La vicenda della Corte ha ricordato un po’ il dilemma tra autorità e potere dell’Antigone di Sofocle, in relazione alla difficile scelta tra l’eleggibilità di un candidato discutibile come Trump e la difesa degli storici ideali americani di democrazia a ogni costo. Una sentenza che ha voluto assolutamente evitare di creare un pericoloso precedente che avalli la possibilità di decisione ad opera di un singolo Stato, e che, infatti, prescindendo dalla sostanza, si è concentrata sulla forma non entrando nel merito dell’insurrezione.

L’altra barriera è quella caduta nel “super martedì” americano, nel quale milioni di americani hanno espresso il loro voto delle primarie, e nel quale si è registrata la ritirata della candidata repubblicana Nikki Haley anche avendo vinto i delegati del Vermont. Quali invece i prossimi scenari elettorali? Occorre considerare tre questioni, l’evoluzione della vicenda giudiziaria di Trump, il contesto americano nel quale stanno maturando queste elezioni e i possibili effetti successivi sulle dinamiche geopolitiche globali. Con riferimento alla prima, la dinamica temporale delle azioni della Corte Suprema dovrebbe consentire a Trump di attuare in tempo la sua campagna elettorale. Ci sono stati casi simili in cui la Corte è intervenuta nelle dinamiche elettorali e lo ha fatto in tempo, come nel caso Watergate dove nella contesa tra Stati Uniti e Nixon ha tenuto una discussione orale l’8 luglio 1974 e ha emesso la sentenza il 24 luglio dello stesso anno.

Altro caso è relativo alla disputa tra George Bush ed Al Gore nel 2000, dove la vittoria si giocò su pochissimi vori di differenza e la Florida rivestì un ruolo cardine. I democratici chiesero un riconteggio delle schede al quale i repubblicani si opposero con una petizione accettata dalla Corte Federale. Nel caso Trump, pertanto, salvo improbabili comportamenti iper-partigiani, la Corte dovrebbe arrivare a una decisione sulla sua eventuale immunità non più tardi del 15 maggio. Se, invece, fosse respinta la rivendicazione di Trump sulla sua immunità, il processo potrebbe riprendere con le udienze preliminari verso agosto 2024, in considerazione del tempo che la giudice Tanya Chutkan ha già dichiarato di voler concedere all’ex presidente per preparare la sua difesa. Tempo sottratto alla campagna elettorale.

Con un possibile inizio del processo al 2 agosto si arriverebbe ad ottobre davanti alla giuria, ossia proprio a ridosso della sfida elettorale. Ma c’è di più, se la giudice non dovesse accontentarsi delle motivazioni dell’accusa e in autunno avesse necessità di ascoltare prove che delineino la complicità di Trump nelle azioni di Capitol Hill, questo fungerebbe, per gli elettori pronti al voto, da cassa di risonanza del misfatto di tradimento della Costituzione. In tal senso, quindi, i giochi sono ancora aperti. Dal punto di vista del contesto, la situazione è incerta e incline a paradossi economico-sociali, nel senso che, pur con condizioni economiche molto positive, il presidente uscente Biden potrebbe non essere il favorito. Da oltre un anno l’economia americana registra tassi di disoccupazione molto bassi, una crescita del PIL e un trend disinflazionistico.

Nel 2023, infatti, l’economia statunitense è cresciuta ben oltre le aspettative (2,5%), surclassando le altre economie avanzate (Eurozona: 0,5%, Giappone: 1.9%, Gran Bretagna: 0,1%). I consumatori statunitensi hanno speso cifre rilevanti, riducendo gli extra-risparmi accumulati negli anni della pandemia, rinforzando così l’economia in ragione del fatto che i consumi rappresentano circa il 70% del Pil statunitense. Tuttavia, secondo alcuni primi sondaggi, diversi fattori fanno ritenere che Trump sia considerato più affidabile nella gestione economica. Non hanno giocato a favore di Biden, la dinamica inflazionistica che ha caratterizzato il periodo 2021-2023, i problemi legati alla disponibilità abitativa e alla sovraesposizione bancaria per gli immobili inutilizzati nel post Covid e, infine, il mancato sostegno, da parte del Congresso, della low-middle class e delle minoranze. L’ultima questione riguarda i conflitti mondiali in corso. Una rielezione di Trump potrebbe pericolosamente mettere in crisi l’asse Nato con l’Ucraina e, sull’altro fronte, vedere un appoggio verso Israele. O ancora più pericoloso tornerà il mantra America First con una geopolitica di indifferenza estera?